L’auto della polizia, aggirando la villa dei Freddi, si dirige verso la prima delle tre ville più vicine, quelle ragionevolmente a portata di vista e di udito. Cammarota ha nel frattempo appurato che una è disabitata da tempo mentre un’altra, di una famiglia brianzola, è usata solo d’estate. In questa invece vive Giovanni Lucci, un anziano signore che dice di essere uno scrittore.
– In realtà sono un pensionato, sa, Commissario. Però per fortuna negli anni sono riuscito a mettere un gruzzolo da parte, così ho deciso di seguire una vecchia passione: ho comprato questa villetta, e mi sono trasferito qui per godermi il lago, dedicarmi al giardinaggio e provare a scrivere. Partecipo a concorsi letterari, mando dei racconti ai blog, cose così. Sa che scrivo anche racconti gialli? Magari sapessi qualcosa sulla scomparsa del dottor Freddi, ma purtroppo, anche se lunedì sera ero qui, non ho sentito nulla di strano. Sono stato al computer tutta la sera… era qui anche Carlo, un mio amico che collabora al mio lavoro. Mi stava dando qualche lezione su come trovare materiale utile in rete, sa, informazioni su veleni, procedure scientifiche, cose che a cercarle in biblioteca ci vorrebbero settimane. Per fortuna Carlo conosce decine di siti interessanti, mi ha dato molte dritte utili. È ripartito per Milano il giorno dopo, lavora lui.
– Un collaboratore? Ma lo paga?
– No, e con quali soldi? Ci siamo conosciuti su un forum di appassionati di storie poliziesche, gli ho spiegato che scrivo ma che non so come fare a trovare certe informazioni, a fare ricerche… Lui è stato molto gentile, mi aiuta e in cambio io lo ospito ogni tanto per un weekend, o a cena, dice di amare molto il lago.
– Sentiremo anche lui – interviene zelante Cammarota.
– Se volete, ma penso sia inutile. La sera abbiamo cenato insieme, siamo stati a tavola più o meno fino alle 22, voi dicevate che Freddi è arrivato prima, no? Posso assicurarle che non lo abbiamo sentito, né il motore della macchina né altro, ma in effetti da qui non si sente quasi mai nulla di quello che succede lì. Giusto quando tira vento, arriva qualche volta il rumore di un’auto, una voce…
– E la mattina dopo? C’era vento?
Poletti ha un tono quasi annoiato. Mentre si agita in una scomoda poltroncina, il suo sguardo vaga nella direzione di una scala che porta al piano superiore.
– Vento? No, per niente. Carlo è partito molto presto, verso le sei, andava al lavoro. Io l’ho accompagnato alla macchina, non ho sentito né visto niente di strano, e credo neanche lui.
Una volta prese le generalità complete del collaboratore il Commissario Poletti ringrazia e saluta il brav’uomo con dei modi cortesi ma un po’ frettolosi, come se temesse di essere sottoposto a un garbato interrogatorio sulle procedure della Polizia, e fa ritorno alla villa della signora Parenti, cui ha chiesto di acconsentire a un secondo sopralluogo.
– Le ricerche di suo marito non hanno purtroppo dato nessun esito. I colleghi elvetici – E qui Cammarota solleva il sopracciglio destro – non sono al momento riusciti a trovare nessuna traccia, né a Lugano né a Berna. Vorremmo insomma assicurarci di non aver tralasciato nulla, per questo le abbiamo chiesto la cortesia di tornare qui…
Il commissario completa la frase con un vago gesto con la mano rivolto al salotto, o forse all’intera zona intorno alla villa, perché poi continua:
– Siamo anche ripassati per la strada che probabilmente ha percorso suo marito, abbiamo visitato il vostro vicino, sa, quel Lucci. Un tipo curioso…
– L’avrò visto un paio di volte al massimo – dice, un po’ troppo in fretta, la signora, forse leggermente impallidita, pensa Cammarota. Il taccuino si materializza silenziosamente.
– Già, anche lui dice la stessa cosa, che quasi non vi conosceva. Un signore tranquillo, con la passione della scrittura. Ogni tanto ospita un suo conoscente, che gli fa anche da consulente per i suoi libri, anzi c’era anche la famosa notte, ma non hanno visto o sentito nulla, pare… Cammarota, come si chiama quel tizio?
– Carlo. Carlo Olmi, commissario
Se prima il pallore della signora Parenti poteva sembrare l’effetto della luce esterna che si sta affievolendo, ora no. Poletti fa finta di non accorgersene, e prosegue imperterrito.
– Già, Carlo Olmi. Abita a Milano lui, zona Loreto, Lucci dice che ci mette un’oretta per arrivare qui, quindi spesso fa una telefonata e viene a trovarlo. Beh, comunque questo signore non ci interessa, torniamo a noi. Lei ovviamente non ha avuto notizie di suo marito, vero?
– No, nessuna. Ho bloccato il conto bancario comune e il deposito titoli, come mi avete suggerito, ma non c’è nessuna traccia di operazioni fatte da lui. Con me non s’è fatto vivo, e le sue cose sono ancora tutte a casa.
La voce s’è fatta via via più ferma, lo sguardo guizza tra il commissario e la finestra, poi si fissa negli occhi dell’interlocutore. Il momento di debolezza è passato, si dicono Poletti e Cammarota con uno sguardo, tanto vale andare via. Poche parole di commiato e la promessa di tornare a “riferire” sull’inchiesta bastano a lasciare la signora Parenti sollevata ma inquieta al tempo stesso, poi nel breve tragitto verso il commissariato i due poliziotti finiscono di scambiarsi le rispettive impressioni con le frasi mozze che usano solo le coppie collaudate negli anni, di qualunque tipo siano.